Porta San Martino deve il suo nome all'antica Chiesa di San Martino posta nella zona pedemontana a metà strada tra Gualdo Tadino e Rigali. Una delle zone più caratteristiche della città vecchia è sotto il centro storico con i vicoli delle Conce, della Mattonata, del Palazzo, del Topo, del Lupo e di Circe. La taverna si trova in via Imbriani.
IL PALIO DI SAN MICHELE ARCANGELO
La manifestazione si articola ogni anno nei tre giorni dell'ultimo fine settimana di settembre. Si inizia il venerdì alle 18, giorno dedicato alle taverne, con lo scambio dei doni tra tavernieri. Entrano nella piazza le delegazioni delle quattro porte: vivandieri, popolane, tavernieri si scambiano carni, vini, frutti e vivande d'ogni genere, tutte d'origine delle proprie rispettive porte. L'inizio della festa è accolto con balli e canti rappresentativi di tutta la città. L'atmosfera è surreale: l'arengo che di li a poco sarà sede di tenzoni senza esclusione di colpo alcuno è ora luogo di baNchetti e convivi senza distinzione di bandiere. La gente, gli amici, i nemici, avversari ed alleati si incontrano in un abbraccio che coinvolge la piazza, il centro, la città tutta...
Nella serata, alle 21.30, attesi dalla folla che aspetta le loro evoluzioni, scendono in piazza gli Sbandieratori.
Il sabato alle 14 entrano in piazza per le prove i giocolieri che si affronteranno durante i giochi. Talvolta è proprio l'esito di questo evento a determinare la scelta all'interno dei singoli gruppi di porta su chi sarà a salire il palchetto il giorno dei giochi. In seguito l'esibizione del gruppo Balestrieri nella competizione "Balestrieri Waldum". Alle 20.00 i cortei storici, partiti ognuno dalla propria taverna, entrano nella piazza. La folla riceve la benedizione del parroco, il gonfaloniere riceve le chiavi della città : s'aprono li giochi de le porte ! I singoli priori danno lettura del proprio bando di sfida alle altre porte, incitano i propri portaioli e scaldano la folla che tende l'orecchio per ascoltarli. Il corteo storico riparte dalla piazza percorrendo il tragitto che il giorno successivo sarà teatro di gara. Via Calai, la curva della fontanella, giù per via Bersaglieri nel teatro naturale delle spinette, la curva di piazza Mazzini, la salita di corso Piave. Giunti di nuovo in piazza, si prosegue per corso Italia fino ad arrivare ai giardini. La serata prosegue nelle taverne fino a notte inoltrata.
Si arriva alla domenica: la mattina è dedicata alla parte tecnica delle gare (alle 10.30 pesa dei carretti, sorteggi per gli ordini di gara, consegna dei nomi dei giocolieri) dopo la quale ogni Porta si ritira nella propria taverna. Il parroco celebra la messa nella cattedrale. Segue il pranzo in taverna...l'aria è tesa e pregna di competizione. I giocolieri cercano atmosfere ovattate e riservate per concentrarsi e dare poi il meglio. Lo sguardo è assente. La gente si accalca lungo il percorso. Il corteo formato dalle quattro porte parte dalla magnifica Rocca Flea per scendere giù, come in una arena, dalle scalette del Reggiaio dove l'emozione di chi partecipa è indescrivibile. Migliaia di persone che attendono, tra applausi, urla, fischi, sventolio di colori. I figuranti procedono di nuovo lungo il percorso ma i giocolieri stavolta non ci sono; verranno benedetti di li a poco dal parroco, alle 15.30. Subito dopo inizia la gara con la partenza del primo somaro trainante il carretto ove, seduti o in piedi, auriga e frenatore Al termine delle gare la porta vincitrice brucierà la Bastola, la strega antica nemica di Gualdo. Passati gli attimi di delusione e sconforto per le porte sconfitte, nella città sarà festa grande per tutta la notte.



SAN MARTINO NELLA STORIA
Nel 1224, per munificenza dell'imperatore di Germania Federico II, in Gualdo iniziò la costruzione di imponenti ed estese mura castellane che circondavano la nuova città e che si congiungevano in alto sulla preesistente Rocca Flea. Tali mura erano dotate di diciassette torri e di quattro porte che permettevano l'ingresso all'abitato, ognuna delle quali prendeva il nome da una chiesa, che in quel tempo esisteva fuori dalle mura stesse e, in più specifico, le chiese erano quelle di San Facondino, San Martino, San Donato e San Benedetto.
La denominazione delle quattro porte fu contemporanea alla loro costruzione. La porta di San Martino prende il nome dall'omonima chiesa, ubicata fuori dalle mura urbiche, verso levante. Secondo il Guerrieri, la chiesa in questione doveva esistere già prima del 13° secolo, prima cioè della costruzione della nuova Gualdo. A riprova di quanto affermato, sempre da notizie fornite dal Guerrieri e contenute nella sua opera "Storia civile ed ecclesiastica del comune di Gualdo Tadino", in seguito ai lavori di bonifica eseguiti in quel vocabolo nel 1913 da parte dei proprietari del terreno alla luce numerose tombe, rivestite da lastre di pietra, le quali sono certamente da riferire ad un periodo preromano.
Sulla base di tali reperti pertanto, si può ritenere che tale luogo sia stato abitato anche in epoche remote e che pertanto, la chiesa di San Martino sia una delle più antiche del territorio gualdese. Rientra nei domini della porta di San Martino anche il Castello di Grello, frazione che sorge sul "Colle del Cavaliere" ed è posto lungo la strada statale 444 del Subasio. Per la prima volta il castello di Grello viene nominato nel 996, quando in seguito alle invasioni barbariche, "Tagina", l'antica Gualdo, venne distrutta e la sua popolazione si rifugiò in parte nei castelli circostanti (tra cui quello di Grello appunto) ed in parte a Nocera.
Ma il castello torna alla ribalta qualche tempo più tardi, con la leggenda della Bastola, legando così il suo nome a quello della città. Secondo alcune leggende (ma le versioni sono contrastanti e si perdono nella notte dei tempi), la Bastola avrebbe eseguito gli ordini del castellano di Grello incendiando Gualdo (da qui il detto popolare: "Quando Grello grellava Gualdo tremava"). Oggi il territorio di porta San Martino è uno dei quartieri più popolosi di Gualdo Tadino.



LA STORIA DEL SANTO: SAN MARTINO DI TOURS
Martino di Tours è uno di quegli uomini che hanno fatto parlare di sé intere generazioni per essere stato protagonista di episodi atti ad accendere la fantasia popolare con la sua forza d'animo e la grandezza dello spirito. Tutti abbiamo sentito narrare l'episodio di San Martino che, cavalcando avvolto nel suo ampio mantello di guardia imperiale, incontrando un povero rabbrividito dal freddo, con gesto generoso taglia in due il mantello, dandone metà al povero. La notte, in sogno, vede Gesù, avvolto in quel pezzo di mantello, sorridergli riconoscente.
Porta San Martino ha voluto omaggiare il suo Santo protettore ricordando proprio quest'evento nel corte storico del 2003. Martino, figlio di un tribuno romano, era nato a Sabaria, in Pannonia, verso il 315. A quindici anni indossava già la divisa militare. L'episodio del mantello è da collocarsi in questo periodo, perché a diciotto anni ricevette il battesimo e abbandonò la milizia per seguire S.Ilario di Poitiers, suo maestro. Dopo un breve noviziato di vita eremitica nell'isola Gallinara, sulla costa ligure, Martino fondò un paio di monasteri: Ligugé, il più antico d'Europa, e Marmoutier, destinato a divenire un grande centro di vita religiosa.
Dopo la parentesi contemplativa si aprì quella attiva : Martino, eletto vescovo di Tours, diventò il grande evangelizzatore del centro della Francia. Era stato, come poi si disse, soldato contro voglia, monaco per scelta e vescovo per dovere. Nei ventisette anni di vita episcopale si guadagnò l’amore entusiastico dei poveri , dei bisognosi e di quanti soffrivano ingiustizie , ma era malvisti da quanti del suo clero amavano il quieto vivere. Venne perfino querelato da un prete di nome Brizio.
E’ divenuta proverbiale la sua frase : “ Se Cristo ha sopportato Giuda, perché io non dovrei sopportare Brizio?”. Morì sulla breccia l’8 novembre 397 a Candes, durante una visita pastorale. I suoi funerali, avvenuti tre giorni dopo, furono una vera apoteosi; da quel giorno, proprio l’11 novembre, Martino viene ricordato ancora oggi.
Egli può considerarsi il primo santo non martire ad avere la festa liturgica. Quella data è rimasta anche come punto di riferimento nelle contrattazioni di alloggi, di terreni, di compravendite nel mondo agricolo: “per san Martino s’assaggia il vino” -intendendo la nuova produzione annuale- si dice tuttora in molte regioni italiane e francesi.
La metà del celeberrimo mantello che san Martino condivise col povero di Amiens, tolte numerose frange per arricchire i vari reliquiari, venne custodito gelosamente in una cappella (il nome deriva appunto da cappa, mantello) e il custode prese il nome di cappellano. Come si nota, san Martino ha lasciato tracce di sé anche nel vocabolario.


